martedì 31 maggio 2011

promesse

Tu mi dirai: "io sono tuo ora e sempre"; me lo scriverai col tuo sangue, metterai in quelle stille di sangue la tua anima e aspetterai.
Io, prima di accettare, ti spierò attentamente. Vedrò se hai tentato di vendermi lupini per zaffiri, se il tuo amore è profondo, se prometti con la bocca o con tutto il tuo essere ... se tutto è vero io verrò a te: quando mi cercherai sarò vicino a te, quando dor­mirai veglierò su te, quando combatterai sarò per te.

mercoledì 18 maggio 2011

Arte dell'agguato

PRINCIPI DELL'ARTE DELL'AGGUATO

Un Guerriero non è mai cinto d’assedio. Per subire un assedio bisogna possedere qualcosa.
Un Guerriero non possiede altro che la propria impeccabilità, e questa non può essere minacciata.

1- il primo principio dell’Arte dell’Agguato è che il guerriero sceglie il proprio campo di battaglia. Un guerriero non va mai in battaglia senza conoscere i dintorni.

2- Scartare ciò che è superfluo è il secondo principio dell’Arte dell’Agguato. Un guerriero non complica le cose: mira alla semplicità.

3- Dedica tutta la sua concentrazione a decidere se ingaggiare o meno battaglia, perché ogni battaglia è per la vita: questo è il terzo principio dell’Arte dell’Agguato. Un guerriero dev’essere pronto e disposto a prendere posizione “qui e ora”, ma non all’insegna del caos.

4- Un guerriero si rilassa, si abbandona, non teme nulla. Solo allora il potere che guida gli esseri umani gli apre la strada e lo sostiene. Solo allora. Questo è il quarto principio dell’Arte dell’Agguato.

5- Di fronte a circostanze impossibili da affrontare, il guerriero si ritira temporaneamente. Lascia vagare la propria mente, si dedica a qualcos’altro, va bene qualunque cosa. Questo è il quinto principio dell’Arte dell’Agguato.

6- Il guerriero comprime il tempo; questo è il sesto principio dell'arte dell'agguato. Anche un solo istante conta. In una battaglia per la sopravvivenza, un secondo è un'eternità, un'eternità che può decidere l'esito. Il guerriero mira a riuscire, quindi comprime il tempo. Non spreca neppure un istante.

7- Per applicare il settimo principio dell’Arte dell’Agguato bisogna applicare gli altri sei: colui che pratica l’Agguato non si mette mai in mostra: osserva da dietro le quinte.

L’applicazione di questi principi porta a tre risultati.
- Il primo è che chi pratica l’Arte dell’Agguato impara a non prendersi mai sul serio e a ridere di se stesso: se non teme di passare per sciocco, saprà far passare per sciocco chiunque.
- Il secondo è che impara ad avere pazienza infinita: non ha mai fretta, non è mai in ansia.
- Il terzo è che impara a sviluppare una capacità infinita d’improvvisazione.

(Carlos Castaneda)

domenica 15 maggio 2011

sopra&sotto

Valigie sulla porta. "Dove vai?" ho chiesto. Dovevo avere l'aria molto stupida. "Nessuna sorpresa, no?", è stata la risposta. Sgambetto senza meta fino a trovarmi tra pile di libri. Fa caldo, tanto caldo. Prendo in prestito 5 volumi. Li annuso, ascolto il rumore della carta vecchia.

Un intruso guarda attraverso la porta, semiaperta per lasciar circolare l'aria. Un impercettibile movimento delle sopracciglia sembra chiedersi se sono qui con una scusa.
Cercavo solo un posto silenzioso.
Finge di cercare dei libri. Saluta. Si siede. Potrei recitare l'elenco del telefono a memoria e annuirebbe allo stesso modo. Che ne sai tu di me. Finalmente se ne va.
Me ne vado anch'io.

E fuori da un bar vedo lei, nemica-amica storica. Rivale sempre, anche se con lei non c'è gara. Sono passati 9 anni dall'ultima volta che le ho detto ciao. Credevo non mi riconoscesse. Quando apre quella maledetta bocca mezza strada cade ancora ai suoi piedi. Certe cose non cambiano mai. Proprio nel momento in cui ho deciso di sbarazzarmi di quel lato di me che ci rendeva due gocce d'acqua, lei mi dice "chiamami". Me la sono cavata, sorridendo e accordandoci per un aperitivo a cui non so se verrà. Per cui non so se la chiamerò.

Sopra&sotto.

lunedì 9 maggio 2011

fissazioni

Libri sugli scaffali, impilati accanto ai muri, chiusi in scatoloni ricoperti da altre pile. Cellophane. Carta di vecchi giornali avvolge le copie rare. Libri scarabocchiati, sottolineati, appuntati. Doppie file nella libreria. L’ordine non entrerà mai nella stanza, sarà buttato fuori a forza al prossimo mercatino.
Copie che non so più dove sono finite, prestate a chi non le ha mai restituite.
Copie che non so di avere e certe mattine mi cadono sui piedi o in testa, dicendomi: “esisto”.
Povero cervello dalle sinapsi confuse. Nozioni galleggiano, ogni tanto, in una conversazione. “Dove l’hai letto?”… e non so più se l’ho letto in chissà quale libro o se fa parte delle mie paturnie serali.
Ho letto troppo. Continuo a farlo. Ho bisogno di cultura come della dose giornaliera per aumentare i giri dei neuroni.
La fissazione più tremenda è correggere gli errori di battitura nei libri come li dovessi pubblicare io.
Con inarrestabile puntiglio correggo nozioni e concordanze verbali, cancello “d” eufoniche sparse a profusione.
Dividerò gli scaffali come fossero bibliografie, a giorni. Sempre che si riesca a trovare un senso a tutto ciò.
Eppure mai in un libro ho trovato la conoscenza del silenzio.
In fondo sono solo parole. Illusione di sapere.
Venti minuti al giorno chiudere le tende, le porte, staccare i telefoni, spegnere le luci.
Spegnere il maledetto cervello.
Venti minuti al giorno abbandona la mente. Taci.
Allora qualcosa accade. Prende vita il mondo senza luce.