martedì 29 marzo 2011

hop! hop! Gadget appostamento!

Così mi reco nello studio del nuovo prof.-presunto-relatore, con la ferma intenzione di dirgli che sono venuta a ritirare le radiografie del giorno prima (no, ovviamente non l'avrei mai fatto).
La situazione si presenta decisamente migliore della precedente: in primis, ci sono delle finestre.
In secundis, scambio due chiacchiere con una laureanda in diritto ecclesiastico, che mi conferma come sia decisamente impossibile reperire qualsivoglia professore nell'orario di ricevimento - e io che credevo lo si scegliesse apposta per essere reperibili! -.
Lei, nello specifico, si laurea col sosia di Torquemada versione bonsai.

Ovviamente il professore non si presenta, ma la volpe ha già adocchiato la sua macchina nel parcheggio, e dopo due ore si apposta lì sotto pensando "dovrà pur tornare a casa, prima o poi! Lo brinco mentre sale in macchina e gli strappo un appuntamento."
Nel frattempo, dal mio nuovissimo telefono-astronave (brrruuummm!!!) mando una mail a lui e all'assistente-capo, chiedendo un appuntamento.
Non può sfuggirmi.

Ore 15:10.
Un uomo attempato sale nella macchina uguale a quella del professore e si allontana sgommando.
Come ispettore Gadget non valgo un cazzo. Mi reco a mangiare un panino.

Ore 16:30
Mi arrendo e decido di andare a casa ma, non si sa mai, ripasso per il cortile e vedo camminare, ignaro della stalker qui presente, un assistente del suddetto professore. Lo rincorro, lo fermo, gli chiedo se sa quando posso trovarlo. Mi dice "no", poi cerca di dire qualcosa per rincuorarmi, del tipo "ma se gli ha scritto una mail, le risponderà sicuramente". Non ho molta fiducia nella capacità telematica di un docente del dipartimento di storia giurassica ma decido di dargli, per ora, il beneficio del dubbio.

Ore 17:00
Arrivo a casa e trovo la mail del professore con un appuntamento per giovedì.

Cristo Gesù. Forse ce l'abbiamo fatta.
Adesso c'è solo da sperare che non mi mandi al diavolo.

Prossimamente su questi schermi: schizzi di sangue romanico e gomme bucate.

lunedì 28 marzo 2011

horror moderno

Avanzo nel corridoio. Quarto piano. Dipartimento di diritto penale. La porta del prof a cui chiedere la tesi non c'è. Lui non esiste. Già qui sale l'inquietudine.
La segretaria mi manda nel locale caldaie.
Inizio a sudare.
Sono sola. E' buio. Sento l'eco dei tacchi nel corridoio stretto.
Non c'è nemmeno oggi.
Qui non c'è un cazzo di nessuno.
Ho dato l'esame con uno spettro e questa situazione mi inquieta. 
Sudo freddo.

La caldaia parte all'improvviso e sobbalzo. Che cazzo di buio umido che c'è qua dentro.
Squilla il telefono.
"Qual è il tuo film preferito?"
Passi nel corridoio.
Una maschera bianca su un mantello nero.
Butta decisamente male.
Datemi della vigliacca paurosa ma la soluzione sorge immediata, sensatissima: scappo a gambe levate come un coniglio.
Mai più.

Già penale militare come materia ti inquieta, ma la tesi col mostro di Scream è qualcosa che supera le mie possibilità.

Chiedo la tesi a quello di diritto romano.
Almeno quando mi incontra nei corridoi sorride.
Sì, lo so che è un altro tipo di sorriso.
Già, forse più che altro mi vorrebbe come merendina.
Eh, lo so che poi c'ha il porsche e se la tira, quindi chissà se le donne che pensano gli stanno antipatiche.
Che ne sai, magari è uno che si sente minacciato da un cervello coi tacchi.
Però proviamo.

A domani con aggiornamenti.

domenica 27 marzo 2011

lettera all'amante di sempre

Come in un miracolo la Musa, invocata, corre fuori dal cespuglio.
Pagine piovono.
Nemmeno il caffé mi hai fatto prendere stamattina.
Ingorda.
Troppo tempo era passato e di nuovo ci rotoliamo tra righe che si rincorrono.
Un senso ritrovato.
Devo dirti, sai, che forse non temevo sul serio d'averti persa.
Che fai, t'offendi, o ti schernisci e continui a recitare la parte della femmina?

Ti conosco troppo bene, mia vecchia amante, quando giochi a rimpiattino senza la reale intenzione di non farti trovare. Con la pretesa che io t'implori quando, satura d'immagini e trame, non esce una riga.
Sai che non lo farò.
Verrai da sola (oh, se lo farai!), quando avremo in silenzio tessuto l'incanto, fieramente resistendoci, infine gettandoci a perderci in un fiume d'inchiostro, dove non capisco dove io finisco. Dove tu inizi. Dove sta il mondo.
Rideremo insieme del vecchio gioco.
Mi sei mancata.

E allora andiamo insieme, vecchia amica, stamattina nemmeno il caffé mi hai fatto bere.
Mi hai scossa dai sogni in quell'ora famosa che ami. La penna era già sul comodino.
Perché poi sempre l'alba... me lo spiegherai quando cadrò nella notte eterna dell'anima?
Trasudi fascino e incantesimi, e bellezza affilata come un rasoio.
Sempre col naso all'insù, vecchia amante, a rubare la luce delle stelle.
La terra sa essere noiosa e il ponte fra i mondi è l'unica soluzione.
C'è chi vive su quel ponte perché è nato pazzo, il caro vecchio e savio pazzo che vede oltre e si tormenta, non sapendo domare la visione con l'incanto. Chi lo costruisce mattone su mattone, e le ere lo chiamarono eroe.
Non c'è poi molta differenza tra i due.

E se il mercato non ti vuole, faremo due cuori e una capanna.

Forse il mondo non è pronto per il nostro amore. 
Forse noi non siamo pronte per il mondo.

sabato 26 marzo 2011

musa silente

Cosa c'è da capire in un tassello mancante... pagine bianche scivolano e il vento violenta la carta.
Quel blocco famoso che agguanta nel non saper più dire. Ogni tanto prende, quando per lo più immagini e intuizioni ruotano nella zona rarefatta della mente, che vorresti e non sai fissare, e la penna giace inerte sul foglio.
Nemmeno una riga e così tanto da fare.
Così tanto da dire per una mano impotente, che il silenzio pareva un frastuono.
In bilico sulle vecchie mura dondolavo.
Tra passato e presente, preveggenza e ricordo.
Guardavo l'acqua scorrere e anatre silenziose giacere sospese su fili invisibili.
Nessuna replica e nessun fardello, soltanto il sole a filtrare tra l'oro sparso sulle ciglia.
La Musa ammiccava dietro le nuvole come un leopardo acquattato.
Già si leccava le labbra
al pensiero di tornare a inondarmi di lei.


p.s.: http://www.youtube.com/watch?v=09j-9tCpq_s
minuto 8 e 22, la tipa parla del mio libro ;)

venerdì 25 marzo 2011

omino del cervello: definizione

Poiché da oggi questo blog avrà una nuova categoria, è bene mettere nero su bianco un concetto fondamentale.

Definizione di omino del cervello: inquilino della scatola cranica della protagonista del blog, il quale spesso si esprime soltanto a gesti eloquenti, o appendendosi altrettanto eloquenti cartelli al petto. E' solito cambiarsi spesso d'abito e, nel trovarsi davanti a un codice civile, presentarsi vestito da John Travolta in Saturday night fever ansimando e ballando fuori tempo in stile provino di "Amici", causandomi forti difficoltà di concentrazione. A causa di questo inquilino disturbatore, molti non si spiegano alcune mie estemporanee risate.


Caratteristiche:

- Di fronte a una ferrea e marzialissima volontà di compiere il proprio dovere, Egli si presenta su una spiaggia dorata, bevendo pina colada da una noce di cocco con appeso un cartello "I'm on my fuckin' holidays".

- Spesso si lancia in argute perle di saggezza diotronica.

- L'omino del cervello è consapevole che se dicesse metà di quello che pensa ad alta voce si prenderebbe un pugno in faccia.

martedì 22 marzo 2011

Allucinazioni nel ghiaccio

Ballerine vestite di cenere danzano intorno, come falene su un prato notturno, pronte a scagliarsi sulla fiamma nell'infinito istante in cui il desiderio le sorprenderà.
Sorrido guardandole.

Allucinazioni nel ghiaccio.
Pattinando con ali immacolate sul tenero suolo 
m’improvviso dea della luna vestita di brina.
Ordinaria follia nel sangue estasiato. 

Vortica con le mie stelle, signore della tempesta.
Lo spirito del tempo ascolterà il nostro canto.
Ancora.
                                  E ancora.
Finché cadremo esausti al suono del tamburo.
Fino a che la via avrà un senso
nella disarmante perfezione del mosaico.


*sconto di pena, mi dissero.
Non ne avevo idea.
Non l'hai mai avuta.*

martedì 15 marzo 2011

Il baule - pensieri sparsi

Dietro un sipario di carta stavano mute le stelle di pietra.
Sorridevano.
Facevo ordine in un mare di carte sparse, che ogni volta che le sistemo e ne butto via la metà ne saltano fuori altre, sempre più vecchie.
Quel baule deve essere pazzo. Quel baule deve avere un doppio fondo, mi dico ogni volta.
Chissà come fanno memorie di carta a uscirne fuori. L'altra volta non c'erano, ne sono sicura.
Resuscitano.
Vengono rigurgitate fuori, e allora ti assalgono ricordi e capita anche che ti guardi allo specchio e non ti riconosci più. Che alcune cose le tieni e altre le butti alzando un sopracciglio.

Facevo ordine e ho trovato frammenti di me che non ricordavo. Spesso ho avuto paura di amare. Più spesso non ho avuto paura di odiare. Forse perché è più facile, ti fa sentire meno nudo. Frammenti di me che forse non esisteranno più perché erano maschere e sono cadute con le foglie d'autunno, senza far rumore. Senza che ci facessi caso. Ne ho ritrovati alcuni che invece erano veri, e che la vita aveva sepolto dietro ferite e paure. E quelli che oggi rivivono sfacciati e hanno vinto il terrore della nudità mi hanno fatto sorridere come se si trattasse di una conquista.

Si cambia. Continuamente si cambia, anche se un tempo l'immobilità la chiamavo coerenza.
Oggi giro senza armatura come una pazza suicida.
Domani non so. Forse compro una spada. Forse compro una risata in più.
E non è poi così male.

Un giorno, forse, aprirò il baule e lo troverò vuoto.
E saprò di essere libera.

domenica 13 marzo 2011

le lezioni

Oggi riflettevo sulle lezioni che impariamo nella vita e cambiano il modo di vedere il mondo. Mi hanno chiesto spesso se vale la pena mantenere un atteggiamento aperto. Sì, vale la pena.

Ho avuto lezioni importanti da un barbone che in realtà aveva una storia bellissima alle spalle, amava la vita e anche se si è ritrovato straccione non perde occasione per portarmi insegnamenti e regali ai nostri taciti appuntamenti, nei giorni in cui piove a dirotto e ha bisogno dell'ostello. Lui è il mio maestro di sorriso.

Ho avuto lezioni inaspettate da persone che passavano per la strada con una frase che rispondeva a una domanda che mi facevo da tempo.

La storiella del mio libro, "il predicatore pazzo", è ispirata a un fatto realmente avvenuto: quella poesia mi è stata regalata da un ubriaco che mi disse: "prendi una poesia dal mio zaino, voglio farti un regalo" e la conservo ancora. Non lo sa che ho scritto un racconto su di lui. Probabilmente non mi riconosce quando passo, ma io lo guardo sempre per assicurarmi che stia bene, perché lui ha fatto qualcosa per me.

(Altre volte, ovviamente, guardi e non c'è nulla di buono e magari ci rimetti pure una certa sensazione di schifo, ma insomma, chi non risica non rosica).

Ogni giorno si aprono centinaia di porte e sta a noi giocare con quello che viene e che va, senza senso di perdita ma anche senza aspettative, ma soprattutto senza paura: a volte basta saper ascoltare e si impara da tutti. E puoi guardare uno sconosciuto con affetto. In una strana interconnessione vivi, se sei aperto e senza giudizio, in cui tutto è possibile. E col tempo scopri che lo è davvero, basta quel po' di coraggio per saperlo vedere.

Lascio che le cose
mi portino altrove

Un ultimo sguardo commosso all'arredamento
e chi s'è visto s'è visto.
Svincolarsi dalle convinzioni
dalle pose e dalle posizioni ...



domenica 6 marzo 2011

il gatto che dettava legge

Visto che negli ultimi post abbiamo affrontato temi di legge, continueremo con le leggi della mia gatta, che in questo momento mi impedisce di scrivere perché pretende le coccole (vedi punto 10, legge dell'arredamento)

Ecco le sue regole feline.
1 - legge della micio-invisibilità: "se io non posso vederti, neanche tu vedi me." Questa chicca fa sì che ogni gatto nascosto sotto una tovaglia non si avveda che, col culo di fuori e agitando la coda, è facile scoprirlo.

2 - legge dell'occupazione delle scatole: ogni scatola, cestino o sacchetto presente nel raggio di 3 metri quadri deve essere occupata da un gatto nel giro di un nanosecondo.

3 - legge della manicure: è preferibile limarsi le unghie sui cuscini del divano o sulle travi portanti in legno massiccio, che sul grattino a ciò adibito.

4 - legge dell'ubiquità: "Non è che io voglia entrare o uscire da una stanza: voglio rimanere sul vano della porta, per godermi le possibilità."

5 - legge dello stare a tavola: "Quando mangi, miagolerò finché non mi farai assaggiare qualcosa dal tuo piatto, non importa se ho appena mangiato. E nel 99% dei casi non ti risparmierò, annusando il maltolto, un'espressione di disgusto."

6 - legge della cacca: "una grande cacca richiede che io la lasci in bella mostra, affinché tu possa complimentarti con me. Dopo, soltanto dopo, la ricoprirò di sabbietta."

7 - legge della socialità: "ci tengo a farti notare che le persone che porti in casa mi infastidiscono. Per questo getterò ovunque la mia sabbietta".

8 - legge del portare a casa la pagnotta: "non capisco perché quando tu mi porti del cibo io sono felice, quando te lo porto io gridi. Assaggia la lucertola, è buona!"

9 - legge della flora: "non mi interessa se è una pianta ornamentale. Per me è una buca di sabbia, e a scavare mi diverto un mondo."

10 - legge dell'arredamento: "so perfettamente qual è il divano più comodo del soggiorno. Se proprio devo dividerlo, pretendo coccole fino a esaurimento scorte."

venerdì 4 marzo 2011

Il dominio e il diritto

Tucidide ci narra di una legge cui si appellarono gli ateniesi nel conquistare una colonia di Sparta: essi obbligarono i vinti ad arrendersi e cedere le loro terre per avere salva la vita. Questi rispondono che si può vivere in pace senza minacce, ma gli ateniesi così replicano: c'è una legge che si conserverà per sempre, ed è il diritto del più forte di appropriarsi dei territori altrui e imporre la propria cultura. Questa legge non l'abbiamo inventata noi, l'abbiamo ereditata e sappiamo bene che voi, se foste al posto nostro, vi comportereste allo stesso modo.

Regula, rex, religio, derivano dalla stessa radice indoeuropea ri, che ha la funzione di raggruppare, ma anche di delimitare.
Regula era la squadra con cui si tracciava il solco sul terreno per delimitare la proprietà, e la stessa funzione hanno le regole che delimitano i comportamenti umani.
Quando Romolo pone le pietre di confine (centuriales lapides) per delimitare il quadrato della città, il fratello Remo le oltrepassa irridendo il confine, e viene ucciso. Qui  i giuristi del Digesto giustinianeo vedevano il nascere della sanzione: il confine era stato oltrepassato e questo suscitava una punizione.
Sulla stessa storia di Romolo e Remo, oltrettutto, ci sarebbe molto altro da dire, anche in relazione a un famoso libro (La Porta Ermetica) che è ambientato a Villa San Remo, e quel nome ha un significato specifico: Remo, per gli àuguri, sarebbe stati il legittimo re di Roma. Ma su questo, magari, tornerò un'altra volta.

E' molto strano vedere nel confine, nella separazione del "mio" dal "tuo", l'inizio della civiltà "giuridica". E' un atto di appropriazione e divisione che sta alla base del nostro diritto patrimoniale più prezioso, la proprietà. Questi stessi confini, che inizialmente delimitavano la terra di proprietà del'individuo, la terra che egli coltivava col proprio lavoro (secondo Locke, infatti, era il lavoro a fondare il diritto di proprietà: tanta terra lavora un uomo, tanta terra è sua), sembrano non avere però una funzione strettamente agricola: il fondamento dei confini è il proprio diritto di difenderli.
Ecco quindi che questi confini poco a poco si allargano, diventano città, diventano regiones, diventano fulcri di una mentalità comune degli "intranei", cui vengono contrapposti gli "estranei", gli stranieri, confini all'interno dei quali la cultura si specializza e nasce un senso di identità comune, di appartenenza alla res communis, che col tempo diventerà la res publica.

Cicerone, nel 44 a.C., proporrà una svolta nel modo di intendere il diritto: il diritto di appropriazione, delimitazione dei confini, dominio e difesa, doveva lasciare il passo a un altro paradigma: la societas. Gli uomini, diceva Aristotele, fondano i loro rapporti sull'amicizia. Questa amicizia può essere dettata dalla virtù, e allora è amicizia autentica, oppure dall'utile, e allora è amicizia politica, quella stessa amicizia che secondo Cicerone sta alla base della civitas. L'interazione sociale deve quindi condurre gli uomini a comportarsi tra loro secondo buona fede (la fides), perché solo collaborando essi possono ricavare reciproci vantaggi e vivere pacificamente. Questa fides comprende due concetti: che ciò che è promesso venga compiuto e che l'impegno si traduca in azione, e che si interpretino le parole di ognuno non secondo la forma che assumono, ma secondo il senso che hanno. Insomma, in base al paradigma della fides l'onore che si può attribuire a un uomo sta nel valore che ha la sua parola. Se un rapporto non è sorretto dalla fides, siamo al di fuori delle regulae, al di fuori dei confini leciti dei comportamenti umani. Ed è curioso notare come oggi chi manca alla propria parola (in antichità sarebbe stato chiamato traditore) continui ad essere onorato dalla realtà sociale, come se tutto ciò avesse perso ogni importanza.

Il passaggio dal dominio alla buona fede è ancora in essere: per quanto le norme cerchino di costringere gli uomini a comportarsi secondo buona fede, in tempi recenti Fichte rilevò che il paradigma morale era fallito, ed era questo fallimento a giustificare le leggi e le sanzioni: "non si può chiedere a un uomo di essere onesto, tutt'al più gli si può chiedere di rispettare la legge". In poche parole, se gli uomini riuscissero a far vivere il concetto di fides non avrebbero nemmeno bisogno delle regole. Ma così non è mai stato, e probabilmente mai sarà.

mercoledì 2 marzo 2011

progetto di modifica costituzionale

art. 1: L'Italia è una gerontocrazia fondata sul denaro.
art. 2: L'Italia ripudia la guerra, infatti la chiama missione di pace, conformandosi al diritto consuetudinario internazionale.
art. 3: L'Italia riconosce la sovranità delle grandi potenze economiche mondiali.
art. 4: La gerontocrazia si esprime nei campi residuali del diritto che concernono le infrastrutture, i trasporti, la sanità, e versa il 75% delle entrate dirette a tali attività alle organizzazioni che si occupano dei pubblici appalti. L'istruzione è affidata in parte ai fondi pubblici, in parte alla Chiesa Cattolica. La giustizia è affidata ad arbitri scelti dalle parti di comune accordo.
La Pubblica Amministrazione e le Forze Armate ricevono i fondi rimanenti. In caso di scarsità degli stessi vedremo con calma.
art. 5: Per tutto ciò che non è contemplato dall'art. 4, l'Italia si adegua e riporta pedissequamente l'ordinamento internazionale, di cui ignora la parte consuetudinaria e i precedenti giurisprudenziali. E avvisa che si adeguerà comunque in un tempo non inferiore ad anni 7.